SALE L’INFLAZIONE E IL DOLLARO CROLLA
Come previsto ieri pomeriggio i dati sull’indice dei prezzi al consumo americani, non hanno disatteso le aspettative e hanno mostrato un’inflazione su base annua al 7%, giungendo di fatto a livelli visti solo sotto la presidenza Reagan.
L’inflazione oramai chiede un argine e di questo sono tutti consapevoli, le attese per un rialzo tassi gia nel prossimo marzo oramai iniziano ad essere certezze, e per molti potrebbero essere misure forse non sufficiente ad arginare il fiume in piena dell’inflazione mondiale.
Le preoccupazioni aumentano, e le aspettative di rialzi tassi o politiche monetarie adeguate e più aggressive, non sembrano più sufficienti a tenere alto il dollaro americano, che ricordiamo come la macroeconomia classica vuole, si deprezza con un’alta inflazione, e ieri ha difatti ceduto di schianto.
Il dollar index che era compreso in un trading range abbastanza chiaro da diverse settimane, compreso tra 86.94e 95.50, ha rotto impulsivamente i supporti, andando a testare la mm100 periodi giornaliera, prossimo ad arrivare sui primi veri supporti di 94.50-60.
Il movimento direzionale ribassista ha visto massicci ingressi di ordini long da parte dei retail che non sono riusciti ad attendere l’approdo ad aree di maggiore interesse, portandosi già al 72% long, e spingendosi in posizioni di mean reverting su praticamente tutte le majors.
Anche eurusd che era intrappolato in un triangolo di compressione dal novembre 2021 e che non vedeva movimenti oltre le resistenze di 1.1380, ieri ha trovato la forza di allungare a rialzo fino agli attuali 1.1460, non lontano oramai dalle vere aree di resistenza di 1.15 figura 1.1515., portando con se un 58% dei traders retail a prendere posizione contraria short.
Anche la sterlina, che abbiamo più volte richiamato nelle nostre analisi come asset in possesso di una forza propria, dettata anche dall’interesse dei grandi investitori, rilevato dal cot report, ha goduto della debolezza del dollaro americano, portandosi oltre le resistenze chiave di 1.37, fino agli attuali 1.37 e ¼, portandoci a non escludere allunghi fino alle aree di 1.3830 considerato anche il forte sentiment contrarian dei retail che sono ovviamente short al 86%
Anche sulle oceaniche ovviamente la debolezza del dollaro americano si è fatta sentire, spingendo sia il dollaro australiano che il dollaro neozelandese oltre le prime aree di resistenza, che erano poste per il dollaro australiano a 0.72 e ¾ 0.73 figura e per il neozelandese a 0.6850 -60, e il conseguente break out, non poteva non portare con se la voglia da parte dei traders retail di entrare ancora in mean reverting, prendendo posizioni corte, ed esponendosi ad esempio al 71% short su audusd.
Interessante anche usdcad, che vede i retail long al 91%, oltre i livelli di 1.25 figura che era il primo supporto chiave.
Oggi pomeriggio avremo i dati sull’indice dei prezzi alla produzione, altro grande indicatore dell’inflazione negli stati uniti, che se visto ancora a rialzo, potrebbe dare nuova linfa ai movimenti contro dollaro, cosi come arginare la sua caduta.
Seguiremo attentamente le dinamiche di questi giorni insieme.
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Salvatore Bilotta Trader
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