RIBASSO DEL DOLLARO DOPO I NFP.
A sorpresa, va detto, il dollaro ha ceduto terreno venerdì dopo i dati americani sui Non Farm payrolls, usciti migliori delle aspettative di mercato. A rigor di logica, se consideriamo le reazioni dei mercati nelle precedenti settimane in presenza di dati Usa migliori del consensus, avremmo dovuto attenderci un rialzo della divisa americana e un ribasso dei mercati azionari, in quanto le price action pro dollaro e contro i listini, erano motivate dai timori che dati migliori delle attese potessero spingere la Fed a mantenere inalterata la politica rialzista sui tassi di interesse, generando così un ritorno del risk off. E così in effetti è, ma il cambiamento di paradigma, e quindi la reazione di un dollaro in discesa e listini azionario in recupero, dopo i migliori dati di venerdì scorso, derivano, secondo noi, dal fatto che comunque gli incrementi di posti di lavoro marginali, man mano che il tempo passa, diminuiscono sempre di più. Il che significa che il mercato del lavoro, anche se lentamente, sembra cominciare a risentire degli effetti dei rialzi dei tassi consecutivi, e gli incrementi degli occupati tendono via via a diminuire. L’occupazione a libro paga è aumentata di circa 4.5 milioni nel 2022, con un aumento medio mensile di 375 mila posti, rispetto ai 562 mila del 2021. Il che significa che il mercato del lavoro rallenta e la disoccupazione a tendere, dovrebbe salire, al 4.6%. I mercati quindi, venerdì dopo i Nfp, hanno reagito al contrario rispetto al solito e dopo una iniziale discesa dei listini e forza di dollaro, si sono girati e hanno visto i listini americani chiudere decisamente in rialzo, mentre sui cambi, il biglietto ha ceduto di schianto contro l principali valute concorrenti, Jpy, Euro, Sterlina, Aud, Nzd, Cad e Chf. In poche ore EurUsd è salito da 1.0480 e 1.0650 così come il Cable si è mosso da 1.1840 a 1.2100, mentre UsdJpy ha perso 270 pips in meno di una seduta. E non parrebbe un movimento terminato, a giudicare dalla price action. Il mercato quindi, nonostante i dati positivi Usa che potrebbero prolungare i rialzi del costo del denaro da parte della Fed, provocando così prima o poi la recessione, crede che la Fed sia comunque vicina al pivot dei tassi, intorno al 5% o poco più, e di conseguenza prezza già tale scenario. La settimana entrante, peraltro, è densa di appuntamenti, tra cui il tasso di inflazione negli Stati Uniti, atteso in ribasso al 6.6% su base annua dal 7.1%, che potrebbe rappresentare la lettura più bassa dall’Ottobre 2021. Il dato core dovrebbe mostrare un incremento solo dello 0.3%, con il tasso annuo che dovrebbe arrivare al 5.7%, il livello più basso da un anno a questa parte. Ma in settimana è atteso anche il discorso di Jerome Powell al simposio internazionale della Riksbank, la banca centrale svedese. Infine attesi gli utili delle banche negli Usa con Bank of America, BlackRock Citigroup e Jp Morgan tra gli Istituti principali. Ma è anche la settimana del Pil inglese e tedesco, con dati attesi ovunque in rallentamento, segno che la recessione non è poi così lontana. Ci saremmo attesi un aumento del risk off, ovvero dell’avversione al rischio, che invece sembra improvvisamente scomparsa. Sulle materie prima poche novità con il petrolio Wti sempre tra i 70 e 80 dollari al barile, e il Brent circa 6 7 dollari al di sopra. Tra i dati segnaliamo anche la bilancia commerciale cinese oltre all’inflazione e prezzi alla produzione, che daranno indicazioni sull’impatto dell’ultima ondata di Covid sull’economia del gigante asiatico. Buona settimana e buon trading.
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