LA RBNZ ALZA ANCORA I TASSI
Ogni giorno, da ormai qualche tempo, i dati macro in uscita dimostrano inequivocabilmente che i banchieri centrali, nel predicare prudenza verso l’inflazione, hanno più di qualche ragione. Si potrà certamente disquisire sul fatto che il rallentamento economico prima o poi arriverà, ma almeno per il momento, i numeri in uscita evidenziano ancora economie che tengono, e quindi non è da escludere una possibile recrudescenza di una inflazione che, su base annua, è ancora quasi ovunque sopra al 5%. Ergo i banchieri centrali promettono nuovi rialzi del costo del denaro e per di più per ora hanno mantenuto le promesse. Questa notte ad alzare il costo del denaro ci ha pensato la Rbnz, ovvero la Reserve Bank of New Zealand, che ha alzato di 50 punti base, con i tassi saliti al 4.75%, il massimo dal 2009. Si tratta del decimo rialzo consecutivo del costo del denaro dall’ottobre 2021. L’inflazione core naviga ancora intorno al 7%, e il comitato ha promesso nuovi rialzi nel prossimo futuro, con il picco probabilmente intorno al 5.5%. L’economia si contrarrà nel secondo trimestre 2023 secondo le previsioni della banca centrale. NzdUsd invariato probabilmente perché il rialzo era già scontato nei prezzi. Intanto, ieri, la giornata ha proposto la pubblicazione dei dati sui Pmi che hanno evidenziato una forza sorprendente in Uk e Usa, ma anche in Europa, i dati su Francia e Germania dimostrano una tenuta della congiuntura che francamente in pochi si aspettavano in questo momento, dopo tanti rialzi consecutivi del costo del denaro. Le borse ovviamente, in ragione delle aspettative di nuovi rialzi dei tassi, hanno ceduto terreno, con i listini Usa che hanno lasciato sul terreno oltre il 2% in una price action che non si vedeva da qualche tempo. Dow Jones a -2.06%, S&P500 a -2% e Nasdaq a -2.5%. Dollaro che ovviamente, per correlazione inversa con le borse, è salito anche se non con l’intensità che ci saremmo attesi, anzi, a dirla tutta il biglietto verde ha perso terreno sulla sterlina che è schizzata al rialzo dopo la pubblicazione dei dati sui Pmi, sorprendentemente al rialzo. GbpUsd è salito sopra quota 1.2100 e si trova su dei livelli chiave posti in area 1.2140 che se violati, aprirebbero la strada al ritorno del bull trend con obiettivi sopra 1.2500. Molti analisti, nel recente passato, hanno dato la Gran Bretagna come il primo paese occidentale che sarebbe entrato in una pesante recessione, da cui sarebbe uscita a fatica ed invece, nonostante tutto, il paese dimostra una vitalità e una resilienza sorprendenti. L’EurUsd ha per ora tenuto l’area di 1.0630 e si mantiene sopra i supporti chiave, così come lo Jpy ha retto l’urto del dollaro e per ora l’area di 135.15 25 ha retto egregiamente il colpo e non sembra facile vedere una violazione delle resistenze chiave. Le oceaniche scivolano, è vero, ma restano sopra i supporti chiave di medio termine. Molto dipenderà dall’azionario che in questo momento è il mercato che guida tutti gli altri. Petrolio stabile tra 73 e 78 (Wti) e appena sopra 80 il Brent con relative oscillazioni. Tra le emergenti segnaliamo la ripresa del UsdRub salito nuovamene sopra 75 rubli per dollaro, in ragione di una discesa dei prezzi energetici che chiaramente penalizza l’export russo, ancora soggetto alle restrizioni imposte legate al conflitto. Oggi il menu di giornata prevede la pubblicazione dei dati tedeschi sull’inflazione, attesa ancora su base annua, nel dato generale, all’8.6%. Ma c’è anche attesa per l’ifo tedesco, il cui consensus sembra in miglioramento. Nel pomeriggio poche news dagli Usa, o comunque non sufficientemente rilevanti, secondo noi, a spostare i prezzi di mercato. Ma stasera, per contro, sono attese le minute della Fed alle 20.00, per capire se, tra le righe, si possa intuire quando ci sarà, se mai ci sarà, il pivot dei tassi Usa. Buona giornata e buon trading.
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