Petrolio: percorso irto di ostacoli, ancora difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire !!!
Petrolio: percorso irto di ostacoli, ancora difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire !!!
Sono sempre molteplici i fattori che influiscono sulle oscillazioni del greggio ed in generale sulle materie prime. La stessa storia lo insegna, quindi mettiamo pur da parte la teoria del random walk invitando tutti a studiare approfonditamente ciò che accade, cercando di carpire ogni news, ogni dettaglio, oltre ai fattori macroeconomici. Pensiamo al mercato del petrolio…Dalla guerra dello Yom Kippur, scoppiata nel 1973 a seguito di un attacco di Siria ed Egitto nei confronti di Israele, iniziano i primi seri movimenti del petrolio. Prima di tale accadimento e dell'embargo, il prezzo dell'oro nero passa dai 3 ai 12 dollari al barile. Sostanzialmente si quadruplica. Tutti i forti rialzi dei prezzi, conseguenza di conflitti o degli shock petroliferi, hanno da sempre minacciato gli equilibri mondiali, inasprendo gli stessi costi per l'approvvigionamento energetico che hanno toccato addirittura il massimo storico nel luglio del 2008 portando il petrolio a 147 dollari al barile. Senza dimenticare le tensioni che di volta in volta si riaccendono lungo lo stretto di Hormuz…oppure quando nel luglio del 2019 i “Guardiani della Rivoluzione” iraniani sequestrarono la petroliera “Stena Impero” battente bandiera britannica con 23 persone a bordo, accusata di aver violato le leggi internazionali della navigazione, oppure gli attacchi a Saudi Aramco…senza trascurare la guerra dei prezzi innescata tra Russi e Sauditi, colpi di scena, una continua suspanse, quasi da far impallidire i memorabili ed innumerevoli romanzi di Georges Simenon…si potrebbe continuare all’infinito…anche oggigiorno. Già, è proprio così, basti pensare che proprio in questa ultima settimana il West Texas Intermediate è prontamente risalito in area 80 dollari al barile dopo i ribassi che lo hanno ricalamitato verso i 75 dollari alimentati anche a seguito della notizia, poi smentita, secondo cui l’Opec Plus stava prendendo in considerazione un aumento della produzione pari a 500 mila barili al giorno. Indiscrezione smentita dagli stessi Emirati Arabi Uniti che hanno prontamente affermato di non aver discusso di modificare l’ultimo accordo. Tuttavia la debolezza del greggio continua a palesarsi anche graficamente, candele rosse mette e decise, ed un meno 2,13 % nell’ultima giornata di contrattazione. Dal punto di vista grafico è interessante osservare il range perimentrato tra i 93 ed i 75 dollari al barile. Solo un eventuale superamento al rialzo di area 93 dollari può determinare la spinta verso la parte alta del grafico e contribuire a far rivaleggiare l’oro nero sui 100 dollari al barile. Ipotesi, al momento irta di ostacoli. Pertanto, è fondamentale continuare a focalizzare l’attenzione anche al possibile ribasso sotto i 75 dollari tale da riavvicinare la quotazione sul supporto dello scorso anno in area 61,50/62 dollari al barile, come ben visibile su un grafico settimanale.
Molteplici i fattori da considerare.
Pesa il fattore Cina. Nell’economia del dragone, i confini ancora in gran parte chiusi, le quarantene obbligatorie, i test giornalieri di massa e le restrizioni ai viaggi continuano a paralizzare le aziende e la vita quotidiana e chiaramente il quadro macroeconomico. Lo stesso aumento delle forniture di benzina nell’economia a stelle e strisce, pari a 3,1 milioni di barili, secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Energy Information Administration, mette in luce che stiamo assistendo a un indebolimento della domanda In aggiunta ai venti contrari ribassisti sin qui evidenziati, JPMorgan Chase & Co. ha previsto che gli Stati Uniti entreranno in una "lieve" recessione il prossimo anno a causa degli aumenti dei tassi di interesse, mentre un dollaro più forte ha reso le materie prime quotate nella suddetta valuta più costose. Dall’altro lato dell’oceano l'UE è pronta ad iniziare a frenare i flussi di greggio marittimo russo dall'inizio di dicembre, portando a prospettive di approvvigionamento incerte in vista dell’inverno, senza dimenticare che anche l’intento relativo al price cup sul greggio sta offuscando le prospettive. L’obiettivo del tetto al prezzo del greggio è quello di limitare il flusso di denaro che il Cremlino può utilizzare per finanziare l’invasione dell’Ucraina. Ricordiamo che soprattutto Cina ed India hanno acquistato petrolio da Mosca ad un prezzo decisamente scontato rispetto al valore globale. Nei mesi di maggio e giugno, ad esempio, si è registrata una vera e propria impennata delle importazioni con una differenza di prezzo pari a 30 dollari. I membri dell'Unione Europea discutono rispetto ad un limite intorno ai 65-70 dollari al barile e comunque un livello al di sopra del prezzo attuale del grado Urals di produzione russa, sceso ben sotto i 60 dollari al barile nelle recenti giornate. Qualsiasi acquirente che paghi più del limite massimo non sarà autorizzato ad accedere alle petroliere europee.
Il greggio ha azzerato i guadagni realizzati all'inizio del trimestre, quando l'Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio ed alleati, tra cui la Russia, hanno concordato di ridurre la produzione di 2 milioni di barili al giorno. Oltretutto, i rischi al ribasso includono l'inflazione elevata, l'inasprimento monetario da parte delle principali banche centrali, l'inasprimento dei tassi di interesse della Federal Reserve, la rigidità dei numeri relativi al mercato del lavoro e i persistenti vincoli della catena di approvvigionamento. Le preoccupazioni per la recessione globale e quelle per l'aumento del numero di casi di COVID-19 in Cina oltre ad intaccare la domanda da parte del principale importatore mondiale di greggio continuano a pesare sul sentiment. Senza mai trascurare l’altro elemento fondamentale: il biglietto verde ed i movimenti del Dollar Index. Il valore del dollaro USA, certamente più debole nelle ultime settimane, ha pesato con la sua forza su specifiche materie prime tant’è che il dollaro è riuscito quest’anno a raggiungere il miglior risultato dal 1984. L’incremento dei tassi di interesse da parte delle banche centrali ha reso la valuta statunitense decisamente più appetibile per gli operatori, una sorta di vero e proprio bene rifugio. Agli interrogativi sulla recessione può risultare importante osservare proprio ciò che sta accadendo sul mercato delle materie prime. In più occasioni, nei mesi precedenti, attenti osservatori ed analisti hanno fatto anche riferimento ai timori relativi all’ipotesi stagflazione. Il termine stagflazione è stato coniato a metà degli anni Sessanta dal cancelliere dello scacchiere Iain Macleod (è l'antico titolo del ministro del governo britannico con responsabilità di Ministro delle Finanze) per descrivere la situazione di stagnazione economica e alta inflazione che caratterizzava l’economia inglese di allora.
A proposito di sanzioni, dal 5 dicembre non avrà accesso al credito anche la controllata italiana. Parliamo della storica azienda Isab di Priolo che sostanzialmente rischia di non poter avere dalle banche le garanzie finanziarie indispensabili per le forniture. Il gruppo non è colpito dalle sanzioni dirette ma, essendo russo, dal 5 dicembre non avrà accesso al credito. Praticamente il giorno 7 novembre è stato l’ultimo utile per effettuare l’ordine di greggio che arriva dalla Russia in quanto ci vogliono 28 giorni prima che arrivi a destinazione. L’impianto Isab fu costruito nel 1972 e apparteneva all’azienda energetica italiana ERG, che a partire dal 2008 ha venduto l’impianto alla Litasco, una società svizzera controllata dalla russa Lukoil. Una raffineria che occupa ben 3500 tra distretto e indotto. Parliamo dell’impianto di raffinazione del petrolio e della produzione di energia elettrica più importante in Italia in termini di portata, rappresenta il 22% della capacità di raffinazione complessiva per il nostro Paese…Questo è il quadro per il nostro Paese: importiamo il 93% di petrolio che consumiamo. Lo scorso anno sono stati importati circa 57 milioni di tonnellate di petrolio (una tonnellata equivale a 6,8 barili) in aumento del 14% sul 2020 anche se in calo del 9% rispetto al dato del 2019. Circa la metà delle importazioni proviene da paesi OPEC. Se guardiamo al dato totale delle importazioni è però l’Azerbaijan il principale fornitore di greggio dell’Italia che, con circa 13,2 milioni di tonnellate, copre uno share del 20%. Seguono la Libia con il 16-18%, l’Iraq con il 13%, la Russia con il 10% e l’Arabia Saudita con il 9%.
Il piano dell'amministrazione Biden sul rilascio delle riserve strategiche ha messo in essere in realtà un ribasso limitato rispetto a ciò che qualche operatore attendeva. Quindici milioni di barili con l'obiettivo di prevenire picchi di prezzo del petrolio, sulla scia della decisione delle nazioni produttrici di petrolio dell'OPEC+ di tagliare la produzione pari a 2 milioni di barili giornalieri. I dati ufficiali hanno mostrato che le riserve strategiche si trovano al livello minimo dalla metà del 1984. Sempre secondo la Casa Bianca, Biden intende riacquistare successivamente greggio per le riserve strategiche quando i prezzi saranno a 67-72 dollari al barile o inferiori. Bisogna ricordare che l’utilizzo delle riserve strategiche è stato autorizzate solamente in tre occasioni: nel 1991 durante la guerra del golfo, nel 2005 a seguito dell’impatto dell’uragano Katrina e nel 2011 durante la crisi in Libia. In totale le riserve dovrebbero essere pari a poco più di 600 milioni di barili che si trovano in quattro strutture principali di stoccaggio, lungo le coste del Texas e Louisiana. Il Congresso degli Stati Uniti ha autorizzato la loro creazione nel 1975 sulla scia dell’embargo petrolifero arabo.
Tornando agli aspetti tecnici, gli spread ampiamente osservati rimangono in una struttura ancora di backwardation quindi tendenzialmente rialzista, ma si sono ridotti nelle ultime sessioni. Inoltre, altro aspetto da considerare, l'Opec, nel suo recente report, ha tagliato le sue previsioni per la crescita della domanda globale di petrolio per il 2022 per la quinta volta da aprile ed ha anche ridotto i numeri per il prossimo anno, citando le crescenti sfide economiche tra cui l'inflazione elevata e l'aumento dei tassi di interesse. La domanda di petrolio nel 2022 aumenterà di 2,55 milioni di barili al giorno (bpd), o del 2,6%, ha affermato l'Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC) in un rapporto mensile, in calo di 100.000 bpd rispetto alla previsione precedente.
In generale, sulle commodities, ha tentato invano di risalire la china il CRB Index nelle ultime ma sembra nuovamente ricalamitato verso i minimi del mese di settembre in area 264 punti. Uno degli indici di riferimento delle materie prime che, per certi aspetti, metti in evidenza la tendenza al ribasso di gran parte delle stesse. Per quel che riguarda il suddetto indice, le materie prime agricole pesano per circa il 40%, il petrolio per il 33%, oro e argento per il 7-8% ed i metalli industriali per il 14%. Il CRB Index inizialmente aggregava 28 materie prime. Comprendeva orzo e lino dal mercato commerciale di Winnipeg; cacao, caffè, rame, cotone, olio di semi di cotone, lana, cuoio, piombo, patate, gomma, zucchero e zinco, dalla borsa di New York; grano, mais, uova, strutto, avena, cipolla, segale, semi di soia, germe di soia e olio di soia, dal mercato di Chicago Exchange. A questi 26 prezzi, l'indice includeva anche il prezzo spot del cotone al mercato di New Orleans e quello del grano al mercato di Minneapolis.