LA SETTIMANA CON GLI OCCHI DELLA MACROECONOMIA
Settimana ricca di dati macroeconomici quella che ci siamo lasciati alle spalle, e non poche le indicazioni operative che abbiamo ricevuto, ma procediamo in ordine temporale per chiarire meglio anche le dinamiche di mercato.
Lunedi giornata caratterizzata dai dati sull’inflazione in Europa, che ancora una volta segnano rialzi, andando a toccare il +10.7% dal +9.9%precedente nel dato generale , con la salita anche del dato Core, quindi al netto di energy e food, che passa al +5% dal +4.8%, segno chiaro che l’inflazione entra rapidamente nel tessuto sociale, e non dipende più solo dagli alti costi energetici dovuti alle dispute con la Russia, ma iniziano a ripercuotersi anche sui beni di più ampio consumo, che come ben sappiamo sono poi maggiormente difficili da debellare anche con politiche restrittive.
Questo apre la strada ad uan BCE ancora molto aggressiva nella prossima riunione di dicembre, special modo se si considera che il programma di QT resta al momento in un limbo , senza vedere la luce, per sostenere i paesi ed i governi del blocco europeo che si trovano a fare i conti con i prezzi di energia alle stelle, pertanto la BCE ricorre al rimodellamento del programma TLTRO III, per cercare disincentivi per le banche a elargire prestiti a famiglie e imprese.
Martedì è stata poi la vota della RBA che timorosa di un rialzo tassi troppo aggressivo che potrebbe portarla ad anticipare la curva, preferisce mantenere toni meno aggressivi , con un rialzo tassi di soli 25Bp, il che non piace troppo ai mercati che vedono poco incisiva la lotta all’inflazione che resta sui record degli ultimi 20 anni anche in Australia.
Mercoledì, giornata chiave per i mercati, che hanno fatto i conti con Powell, che ha confermato il tanto atteso rialzo tassi da 75Bp, ma ha anche raggelato le aspettative di una FED più accomodante per la riunione di Dicembre. La possibilità di aver raggiunto il tasso di equilibrio già all’attuale 4%, sembra per Powell poco credibile, e se l’inflazione si mostrerà ancora aggressiva, non esiteranno a raggiungere un costo del denaro anche del 5%.
Queste parole hanno frenato gli entusiasmi degli operatori e ridato vita al dollaro americano che era tornato ad aggredire i massimi di questo 2022.
Il tutto è stato poi fermato dai dati sul lavoro Usa.
Venerdì come da tradizione i dati sul NFP hanno mostrato per la prima volta una disoccupazione in aumento al +3.7% dal 3.5%, un dato che ha dato nuova speranza agli operatori di vedere gli effetti delle politiche monetarie della FED riflettersi nell’economia reale.
Se è vero che la disoccupazione porterà cali nei redditi medi e quindi un raffreddamento della domanda e dei consumi, potrebbe generare un freno alla corsa dei prezzi e realizzare così i progetti della FED.
La corsa alla vendita di dollari americani è stata rapida e decisa, portando cosi a rialzo tutti gli altri asset class, a apratire dal mondo valutario che vede respiri profondi di euro pronto ad aggredire nuovamente la parità.
Anche il mondo equity risorge dalle sue ceneri e sembra on voler cedere l’idea di un buon recupero in questo finale di 2022.
Resta tuttavia pesante al sterlina ancora sotto le resistenze chiave, mentre prediligiamo allunghi rialzisti dell’eurusd che potrebbe puntare nuovamente alla parità nelle prossime ottave di contrattazione.
Attendiamo ora la prossima settimana, con le elezioni di Mid term in America e i dati sull’inflazione ancora giovedì prossimo, che saranno preludio all’ultima riunione della FED di dicembre 2022
buona giornata e buon trading
SALVATORE BILOTTA