La settimana con gli occhi della macroeconomia
Settimana complessa quella che stiamo per lasciarci alle spalle, con profonda incertezza per gli operatori, divisi tra euforia negli acquisti e timori di un’economia mondiale ancora in forte rallentamento.
I dati che hanno caratterizzato la settimana sono tutti indirizzati al rallentamento dell’economia globale, e proprio questo rallentamento sembra dare speranze agli operatori che sperano di vendere presto le banche centrali fare passi indietro rispetto alle scelte di politiche hawkish che hanno caratterizzato gli ultimi mesi.
In ordine temporale, abbiamo visto i dati giapponesi per il clima di fiducia delle imprese grazie all’indice Tankan, che pur rimanendo un soft data, quindi frutto di sondaggi e non di dati reali, rimane un ottimo indicatore di cosa le imprese giapponesi si aspettano nel prossimo futuro, e nostro malgrado sebbene la BOJ continui le sue immissioni di liquidità il futuro per le imprese giapponese resta incerto e riccho di nubi, tanto da portare l’indice sintetico a 8 dal precedente 9 sebbene le attese fossero di un incremento a 11.
Rimane pertanto debole lo yen in attesa che la BOJ assolva alle promesse di sostegno della moneta nipponica come già dichiarato nel mese di settembre 2022.
È stato poi pubblicato il report sui PMI mondiali da J P Morgan e ovviamente quelli Usa dall’ISM, e anche in questo caso il rallentamento globale si manifesta nella produzione manifatturiera in calo, con un dato sintetico al +50.9 % dal 52.8% precedente, al limite oramai della recessione che scatta sotto il 50%.
A far nota è il quadro dell’intera area Europa che vede tutti i paesi del blocco in netto rallentamento produttico con valori ben al di sotto dell’area chiave di 50%.
Mercoledì abbiamo avuto l’intervento della RBA che chiamata alla lotta all’inflazione ha rialzota il costo del denaro, ma in maniera decisamente poco incisiva, con un timido rialzo di soli 25Bp, che ha profondamente deluso gli operatori.
Si legge nello statement che accompagna il rialzo tassi, che l’economia australiana risente delle profonde incertezze globali dovute all’iper inflazione in atto, e che la guerra in Ucrainamette a rischio di profonde crisi produttive l’Euuropa e molti partners commerciali del paese. Troppe nubi si addenzano sul futuro del paese e la paura di anticipare la cura con decisioni di rialzi tassi che portino ad un tasso conclusivo ben oltre il tasso di equilibrio pongono un importante freno alle decisioni della RBA.
Inesorabile la caduta d3el dollaro australiano che torna sulel aree di minimo a 0.6375 senza trovare dunque spunti per dei rialzi di maggiore importanza che permettano a questo asset di rompere le resistenze a 0.6550
Iniziano poi i dati sul mondo del lavoro Usa, che si concluderanno venerdi con i NFP, e che sono partiti martedi con i nuovi Jolts, primo timido segnale di rallentamento del mercato del lavoro che segna solo 10.053m unità a fronte di 11.171m precedenti.
La settimana ha dato poi spazio alla RBNZ, che è stata più incisiva della RBA con un rialzo tassi di 50BP, con un tasso definitivo di 3.50%.
Il rapporto con l’inflazione anche qui vede una banca centrale molto dietro la curva, che tuttavia auspica ulteriori rialzi , fermo restando un continuo monitoraggio dei dati macro economici in pubblicazione. I timori di un rallentamento globale e di un’inflazione che erode il potere di acquisto dei consumatori, sembra intimorire le banche oceaniche, che preferiscono rimanere tendenzialmente caute a scapito ovviamente della valuta di riferimento.
Nzdusd ancora imprigionato in una flag lateral rialzista fatica ad allontarsi dai minimi di 0.5565 sebbene i livelli di minimo attuali sembrano poter offrire interessanti occasioni rialziste per il medio periodo.
Tornando al mercato del lavoro è stato poi il turno degli ADP, che hanno mostrato 208.000 nuovi posti di lavoro, ma un dettaglio di ristagno per il comparto manifatturiero che ha perso 19000 posti di lavori, e segno di maggior raffreddamento del mercato del lavoro viene dai salari, in un brusco rallentamento specie per chi cambia lavoro, il che depone a favore di un contenimento dell’inflazione.
A completare il quadro di un mercato del lavoro. in rallentamento , i dati di oggi dei jobless claim che trovano 219K nuovi disoccupati a fronte dei 190K precedenti, segnali chiari quindi di un’economia in raffreddamento, di aziende che producono meno e hanno meno bisogno di mano d’opera. Il passaggio seguente sarà quindi la conferma di una maggiore disoccupazione che porterà con se un raffreddamento della domanda aggregata.
Ultima domanda da porsi, è il comprarto energetico.
L’intervento possibile dell’opec+ al taglio della produzione di 2mln di barili giorno , pone tenzioni su questo comparto che trova nuova spinta rialzista dei prezzi, che potrebbe a questo punto risultare un grande ostacolo per il contenimento dell’inflazione globale.
Alla luce di questi dai i mercati azionari globali salgono , ma sono salite di fiducia e speranza, che poche fondamento secondo noi trovano nei dati macroeconomici attuali, ancora prematuri per gridare a banche centrali meno aggressive alla fine della fase recessiva mondiale.
Vedremo oggi i NFP, per avere un quadro più completo del mondo del lavoro Usa in attesa degli appuntamenti con le banche centrali di fine ottobre ed inizio Novembre.
buona giornata e buon trading
SALVATORE BILOTTA