Per stimolare la crescita è necessario far ripartire la domanda interna, mantenendo comunque un saldo della bilancia commerciale positivo nel tempo, puntando sull’aumento degli investimenti privati (anche esteri) delle imprese, che consentano un recupero di produttività e contestuale adeguamento salariale dei lavoratori. Se le banche, tra vincoli di Basilea stringenti e richieste di sostenere il debito pubblico, non potranno partecipare (anche perché molte imprese non sono in equilibrio finanziario-patrimoniale e quindi non possono accedere a nuovi fidi), il mercato dei capitali, con il supporto della tecnologia, potrà essere l’unica via per la ripresa di una crescita del pil maggiore e più veloce del debito, abbattendone il rapporto. Gli investimenti pubblici sono importanti, soprattutto per far funzionare la macchina burocratica, ma quelli privati di più considerando che metà delle entrate statali sono derivanti da tasse di cui una quota importante è relativa all’indotto produttivo delle imprese private. Oggi il 6,5% delle entrate è dovuto a “Proventi da servizi delle Amministrazioni” mentre la spesa per il personale è circa il 10% del pil, sono grandezze basate su rapporti diversi ma sarà comunque necessario far crescere le due percentuali ma la prima di più, creando un effetto leva di efficienza della PA, ne gioverebbe anche l’attività del privato e porterebbe più gettito fiscale di riflesso.
gennaccari@privatescf.it
Economia Italia: la morte della domanda interna (Ep.2)
L’economia italiana negli anni ’60 registrava una crescita annua della domanda interna mediamente sopra il 6%. Dall’avvento dell’euro siamo ad una crescita annua inferiore al 4%, per scendere sotto il 2% dopo la crisi dei subprime del 2008.
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