Mezzi e fini
I mezzi ed i fini.
Un dualismo certamente eterno: per alcuni contano i primi, per altri i secondi.
Martedì Piero Sansonetti del “Riformista” ha saggiamente scritto: “i mezzi non sono indifferenti e non contano meno dei fini”.
Ora, il fine dell’accordo annunciato il 25 marzo da Ursula Von Der Leyen e Joe Biden è permettere alla Ue di sbarazzarsi del gas russo: 15 miliardi di metri cubi già nel 2022, più altri 50 entro il 2030.
Bene, ecco il mezzo: bucare la crosta terrestre fino ad una certa profondità, allargare le crepe createsi con dei potenti getti d’acqua, estrarre il gas, congelarlo e spedirlo in Europa su gigantesche navi. Poi qualcuno provvederà a scaldarlo ed immetterlo nei tubi (che ad oggi non sono sufficienti).
Un mezzo costoso e inquinante, scomodo e non risolutivo della dipendenza ovviamente.
Non conta meno del fine, certamente da perseguire.
Non è l’unico però e non potrebbe esserlo, Karl Popper docet.
Secondo un report della ONG norvegese Bellona, almeno 100 dei 152bmc annui di gas russo che arrivano ogni anno in Europa potrebbero essere sostituiti con energia pulita entro il 2025. Di questi, 31bmc verrebbero forniti dai soli eolico e solare. I 50bmc rimanenti potrebbero essere ottenuti utilizzando al massimo della loro capacità i tubi già esistenti e in funzione oggi.
A pagina 9 del documento allegato, la stoccata: “non è giustificato per l’Ue bloccarsi in costosi contratti di fornitura di gas fossile oltre questo orizzonte temporale [2025-2030]”.
Il fine non può essere sostituire l’inquinamento a basso costo russo con quello di lusso americano.
Se il fine è idiota, il mezzo non può che essere una idiozia.