Il problema della soluzione
Ricorderete quando scrissi “non è che a qualcuno è venuta l’idea di addebitare tutti i costi della transizione energetica alla guerra?”.
Ecco, per il commissario Ue per il clima e il Green Deal Timmermans qualcuno starebbe si sfruttando la guerra, ma per un fine opposto: affossare la rivoluzione verde. Parole grosse, riferite a chi continua a parlare di carenze alimentari per la Ue riconducibili alla guerra.
Dire questo è una balla.
La Russia vende alla Ue il 5% del suo grano annuo, lo 0,28% arriva in Italia. Di quello ucraino, l’1,3%. Di tutto il fabbisogno italiano, il grano russo-ucraino rappresenta l’1,2%. Il problema riguarda il mais (il 35% di quello importato è ungherese ed il caro Orban ha da poco bloccato l’export) e l’olio di girasole (prodotto ucraino, ma facilmente sostituibile).
Un problema rilevante, ma non causato dalla sola guerra e che non causerà problemi di “sicurezza alimentare”.
Un problema la cui soluzione più logica sarebbe cercare di far riflettere Orban e piantarla con questa guerra.
Poi si penserà a come la Ue potrebbe usare il suo peso per dare una regolata alle fiammate del
mercato.
Invece no.
L’Ue ha sospeso buona parte delle limitazioni “green” riguardanti l’agricoltura: via il vincolo dei terreni da lasciare a riposo, via i vincoli su pesticidi, antibiotici e fertilizzanti chimici e liquidità o agevolazioni fino ad 1,5 miliardi. Per produrre e importare più cereali, mangimi, carni, salumi, formaggi…
La soluzione corretta? No, no e no.
1/3 del cibo prodotto ogni anno viene buttato. Una persona europea butta 100 kg di cibo all’anno. Il 59% degli adulti europei è in sovrappeso e per questo 1,2 milioni di europei all’anno muoiono. Dati Istituito Superiore Sanità. L’impatto sul clima è terrificante: utilizzo di fonti fossili, carburanti, gas serra, deforestazione, terreni esausti…
Ma la politica è in coma profondo, Norbert Lins ha twittato: “Ogni tonnellata di grano in più in Ue è una tonnellata contro Putin per la democrazia”. Contro Putin! Per la democrazia!
Ad un problema inesistente (sicurezza alimentare), imputato ad una causa che non c’entra (guerra), si è trovata una soluzione miope e dannosa.
Ma in parte anche inutile: chi vende i fertilizzanti? Prodotti con il gas di chi? L’avrete già capito.
Così ogni idea di transizione ecologica perde di significato.
Essere così tranchant, come Timmermans, potrebbe portare a cattivi pensieri. Sicuramente ai grossi potentati dell’agroalimentare, della grande distribuzione, della sanità e ai governi la sfida ecologica che prevede di spostare il focus dalla quantità alla qualità del prodotto, appare titanica.
Posti di lavoro a rischio e tensioni sociali andranno affrontati.
Ai politici un po’ di paura va concessa.
Oltretutto la sospensione dei vincoli è temporanea, ma il problema sono le motivazioni: con queste misure la guerra non si ferma. E sarebbe lo stop alla belligeranza la miglior soluzione ai problemi di sicurezza alimentare dei paesi africani e asiatici (questi sì a rischio fame) e di sostenibilità ambientale (obiettivo dei vincoli sospesi).
Ci sarà modo di tornare sul tema.