Gas. Breve sintesi di quanto accaduto nelle ultime settimane.
Bisogna attribuire a William Hart l’utilizzo che noi oggigiorno conosciamo del gas, grazie alla sua brillante intuizione. Colui il quale scava il primo pozzo nella città di Fredonia, nello Stato di New York, dove storicamente è nata la prima azienda di gas naturale. Prima metà dell’800. Tante le narrazioni ed i contributi storici relativi a questa importante materie prima. Evitando di dilungarmi con i miei voli pindarici, facendomi trasportare dalla passione per l’effervescente mercato delle commodities, passo subito ad un punto di domanda che può contribuire ad alimentare spunti di riflessione, in un contesto che vede ancora troppi percorsi irti di ostacoli…Ci siamo davvero liberati dalla dipendenza del gas russo ? La risposta alla domanda ho cercato in più occasioni di fornirla attraverso i miei approfondimenti ed i vari appuntamenti settimanali, attraverso le dirette relative ai focus sul mercato delle materie prime. Parlano i numeri, basta leggere i dati che da tempo forniscono un quadro netto e deciso. Il GNL russo copre il 16% del fabbisogno, il Qatar rifornisce l'Europa per il 13,7%, gli Stati Uniti hanno raggiunto il 42% del totale. Le importazioni di GNL dalla Russia sono aumentate di circa il 40% in un anno, poiché gli acquirenti si sono affrettati a sostituire i flussi in diminuzione. L'UE ha speso la cifra record di 12,5 miliardi di euro per il GNL russo da gennaio a settembre, cinque volte di più rispetto all'anno precedente. Emblematici i dati sul monitoraggio delle navi e sui porti.
Sulla stucchevole questione relativa price cup, altro che comunità d’intenti e spirito di solidarietà così come hanno auspicato i padri fondatori dell’Europa. Jean Monnet, pensava all'Europa come il risultato delle soluzioni trovate alle sue crisi…si dovrebbe scrivere un articolo a parte sulla lungimiranza di Enrico Mattei. Ma torniamo ad oggi. L’intesa tra i ventisette Stati sul meccanismo proposto dalla Commissione europea (l'entrata in funzione del meccanismo solo nel caso di una quotazione al Ttf mensile di oltre 275 euro a megawattora per due settimane e un differenziale rispetto al Gnl di 58 euro per dieci giorni con la possibilità di disattivarlo in qualsiasi momento) ha scontentato tutti. Una proposta inapplicabile con rischi d'instabilità. Oltretutto, non bisogna trascurare che esistono, a seconda dei contesti, specifici mix energetici differenti ed anche questa è una delle ragioni che ha agevolato, ad esempio, la penisola iberica nell’adottare scelte volte ad adottare un meccanismo temporaneo, in relazione al tetto al prezzo. Il meccanismo è stato concordato con la Commissione europea, che ha riconosciuto l’eccezione iberica, ovvero la situazione di isolamento quasi totale del mercato elettrico dei due Paesi rispetto a quello europeo. La penisola iberica ha una situazione molto speciale, con un mix energetico che ha un alto livello di rinnovabili e poche interconnessioni. Inoltre, Spagna e Portogallo producono una percentuale piuttosto elevata di energia proveniente da fonti rinnovabili.
Non era forse più sensato immaginare di riuscire a fissare il tetto al prezzo almeno un anno fa ? Certamente bisognerebbe focalizzare l’attenzione sul riequilibrio tra domanda e offerta a livello europeo. Il prezzo del ttf ha nuovamente lambito e superato i 130 euro per megawattora. Nei mesi scorsi, questo è bene sottolinearlo, a contribuire al rialzo è stata senza timori di smentita la speculazione ma fino ad un certo punto. Non bisogna infatti trascurare l’effetto generato dalla scarsità di offerta e la carenza di liquidità nel mercato. Le transazioni giornaliere effettuate sul TTF si sono ridotte, visti gli alti prezzi e i crescenti rischi per gli operatori. Poche transazioni possono far schizzare o scendere notevolmente il prezzo, visti i volumi ridotti. E poi attenzione, altro aspetto poco considerato; lo scorso anno, la Commissione europea ebbe l’idea di spingere le compagnie continentali a ridurre la sottoscrizione di contratti di fornitura di gas a lungo termine, favorendo il mercato spot, vale a dire gli scambi quotidiani. In Europa esistono numerosi mercati di questo tipo. In Italia il PSV, in Spagna il PVB, in Germania il THE, che però a confronto con l’hub olandese sono decisamente più contenuti. Per intenderci nel 2021 sul TTF sono state effettuate poco meno di 1.800 transazioni al giorno, mentre il mercato italiano non ha raggiunto le 300. Il gas scambiato in Olanda è superiore alla somma di tutto il metano nel resto degli hub europei.
Quale il contesto per il nostro Paese ? Lo scorso anno abbiamo importato il 40% di gas dalla Russia, 29% dall’Algeria, 10% dall’Azerbaigian, 4% dalla Libia, 3% da Paesi Bassi e Norvegia ed un 14% di Gas Naturale Liquefatto. Le forniture russe si sono più che dimezzate, basti osservare i volumi al punto di ingresso di Tarvisio. Secondo i dati più recenti le percentuali ed i Paesi da cui l’Italia ha importato gas a Novembre del 2022 sono: 3,2% Russia, 39,9% Algeria, 17,7% Azerbaigian, 5,8% Libia, 5,7% Paesi Bassi e Norvegia, 27,7% Gas Naturale Liquefatto. Abbiamo sentito parlare con grande enfasi degli stoccaggi. L’Italia importa praticamente tutto il gas che consuma (il 95 % nel 2021) e lo utilizza come fonte primaria per la produzione di energia elettrica con una quota pari al 44,6% nel 2020, rispetto alla media del 18% nell’Unione europea. Sono fondamentali gli stoccaggi ma attenzione il totale riempimento non deve far pensare che il problema è risolto. In Italia i siti sono quindici, gestiti in regime di concessione da operatori privati, per una capacità complessiva di 18 miliardi di metri cubi. Ad ottobre l'Italia ha consumato 3,9 miliardi di metri cubi di gas rispetto ai 5,3 di ottobre 2021, una diminuzione del 25,6 per cento ma come già sostenuto nei mesi precedenti, nei mesi più rigidi, ossia quelli invernali, può arrivare a consumare 400/500 milioni di metri cubi di gas al giorno. Con l’arrivo della stagione fredda i consumi di gas rialzano la testa, gli stoccaggi iniziano ad essere gradualmente svuotati e i prezzi riprendono a salire. Il clima mite di ottobre e di almeno metà del mese di novembre ha evitato il consumo di un paio di miliardi di metri cubi per il riscaldamento, lasciando quindi più gas a disposizione per i prossimi tre mesi. Inoltre, il venir meno delle forniture russe vuol dire che durante l’estate dobbiamo costituire le riserve. Per il prossimo anno e per il 2024 gli Stati Uniti certamente non riusciranno da soli a soddisfare il mercato europeo oltretutto continueremo a vivere la concorrenza degli altri Paesi, vedi Cina, India, Giappone e molti altri. Purtroppo non bisogna trascurare che paghiamo scelte discutibili del passato, basti pensare che le piattaforme del mare Adriatico estraggono 800 milioni di metri cubi all’anno di gas contro i 17 miliardi di 20 anni fa. Ci sono poi i famosi pozzi produttivi non eroganti. La Basilicata ha il record di estrazione con un miliardo e 80 milioni di metri cubi l’anno. Abbiamo ridotto la produzione, ma aumentato l'importazione, con il doppio svantaggio di pagarlo di più e di avere lo stesso impatto negativo sull’ambiente. Produciamo 3,34 miliardi di metri cubi di gas naturale, ma ne utilizziamo 76,1 miliardi. Verso la fine degli anni '90 e l'inizio del nuovo secolo l'estrazione era 6 volte maggiore. La legge 133 del 2008 ha imposto divieti all'estrazione di gas nell'area dell'Adriatico settentrionale, dove ci sono le maggiori riserve di gas. Il motivo è evitare il rischio di subsidenza, l'abbassamento del livello del suolo e poi ci sono anche tante altre questioni. Tra novità più importante è utile ricordare l’idea dello sblocco delle attività di estrazione nel mar Adriatico, dove sono presenti alcuni dei giacimenti più importanti d’Italia. a causa delle resistenze di alcune amministrazioni locali e di leggi nazionali: una in particolare, risalente al 2006, vietò di estrarre gas a meno di dodici miglia (cioè poco più di 22 chilometri) dalla costa. Inoltre, con il decreto Aiuti quater, le famiglie avranno un anno in più per migrare sul mercato libero. La fine della maggior tutela gas originariamente prevista per il 1° gennaio 2023 si sposta sostanzialmente al 10 gennaio 2024. Chi, invece, si trova nel mercato libero non subirà alcun impatto dal posticipo.
E poi c’è il tema rigassificatori. Ne servono almeno altri quattro per arrivare alla sicurezza energetica, questo è quanto dichiarato dall’amministratore delegato di Enel. Il gas naturale può essere trasportato via nave, ma è conveniente solo se in precedenza viene reso liquido, in questo modo occupa un volume circa 600 volte inferiore e una metaniera può trasportarne una quantità molto maggiore. Il GNL viene trasportato nelle navi a pressione poco superiore a quella atmosferica e ad una temperatura di meno 162 gradi che serve per mantenerlo liquido. Una volta giunto via nave negli impianti di rigassificazione, per necessità ubicati sulla costa, è ritrasformato allo stato gassoso e successivamente immesso nei gasdotti del territorio. In Italia abbiamo tre rigassificatori. Il più grande è il Terminale GNL Adriatico, un impianto offshore e un’isola artificiale, che si trova in mare al largo di Porto Viro, in provincia di Rovigo. Ha una produzione massima annuale di 8 miliardi di metri cubi di gas. Per quel che riguarda le esportazioni di GNL dagli USA c’è poco da meravigliarsi. Oltre ai recenti accordi tra UE e Stati Uniti, seguiti dalle dichiarazioni rassicuranti di Biden, ricordo perfettamente ciò che è avvenuto ben prima degli ultimi annunci. “Il nostro obiettivo è quello di espandere il mercato tanto da riuscire a collocare almeno la metà dell'incremento produttivo del 50% di gas Lng previsto al 2030” Queste sono le dichiarazioni del segretario americano all'Energia del 2019, in occasione della conferenza transatlantica “Italia, Europa e Stati Uniti: affrontare i cambiamenti inevitabili in modo intelligente”. Un quadro che di certo non può definirsi oggi a tinte fosche. I colori e le sfumature si intravedevano almeno da un anno a questa parte. Le esportazioni di gas naturale liquefatto dagli Usa, nei primi sei mesi di quest’anno hanno raggiunto i 35 miliardi di metri cubi, contro i 14 dello stesso periodo del 2021. Sono ancora tante le questioni da affrontare e risulta davvero difficile trovare sul tema energia un dialogo virtuoso. L’aver sospeso la procedura di certificazione del controverso gasdotto che dal sito di Ust-Luga in Russia arriva a Greifswald in Germania, aveva tra le molteplici notizie, prima del conflitto nel cuore dell’Europa, già alimentato diverse tensioni. Ci sarebbe molto altro da scrivere, il mercato del gas è condizionato da molteplici fattori: stagionalità, geopolitica, livelli di stoccaggio, domanda e offerta, meteo (pensiamo ad esempio a quello che accade durante la stagione degli uragani in USA) Chiudo brevemente con le quotazioni. Dal punto di vista grafico, il temporaneo trading range tra i 6,4 ed i 5,7 dollari è stato rotto al rialzo, nelle passate sedute di contrattazione, attraverso fasi di acquisto che hanno consentito il superamento dei 7 dollari. Nelle precedenti settimane, i futures sul gas naturale statunitense, parliamo dello storico Henry Hub, sono inoltre rimbalzati dai 4,8 dollari per un milione di british thermal unit. Attualmente, solo l’eventuale superamento dei 7,5 dollari potrebbe ricalamitare la quotazione in area 9 dollari dove nei mesi scorsi si sono palesate fasi di ipercomprato che, affiancate da altri elementi non puramente di natura tecnica, hanno fatto scendere nuovamente i prezzi, tutto ben visibile sul grafico giornaliero. Attenzione al superamento al ribasso di area 5,7 poiché alimenterebbe ulteriori fasi di vendita tali da spingere l’henry hub verso i minimi di ottobre dell’anno in corso, in area 4,8 dollari.