LA PRODUZIONE INDUSTRIALE USA CRESCE MA NON CONVINCE.
La produzione industriale negli Stati Uniti del mese di settembre è aumentata del 5,3% su base annua, il massimo da aprile, accelerando rispetto all'incremento del 3,9% rivisto al rialzo del mese precedente (v. chart 1).
Ma le aspettative degli analisti pronosticano che essa dovrebbe attestarsi al 3,60% entro la fine di questo trimestre. Nel lungo termine, le previsioni sono per un ulteriore appiattimento prossimo al 3,20% nel 2023 (v. chart 2).
Pure su base mensile la produzione industriale cresce, dello 0,4%, battendo le previsioni del mercato dello 0,1% (v. chart 3).
La crescita della produzione manifatturiera è salita al 4,7% dal 3,5% di agosto, grazie al balzo del 6,0% della produzione di beni durevoli, trainata da autoveicoli e parti di autoveicoli, prodotti in metallo, macchinari e attrezzature aerospaziali e di trasporto varie. Anche il settore manifatturiero non durevole è aumentato del 3,6%, grazie alla produzione di prodotti alimentari, bevande, tabacco e prodotti chimici. La produzione mineraria è aumentata dell'11,1% (8,7%), mentre la produzione dei servizi di pubblica utilità è salita dello 0,5%, grazie all'aumento del 4,3% della produzione di gas naturale, parzialmente compensato dal calo dello 0,3% della produzione elettrica. Su base mensile, la produzione industriale è aumentata dello 0,4% a settembre, battendo le previsioni del mercato dello 0,1%.
L'utilizzo della capacità produttiva negli Stati Uniti è aumentato a settembre di 0,2 punti percentuali, raggiungendo l'80,3%, al di sopra delle aspettative del mercato dell'80,0%. Il tasso è inoltre superiore di 0,7 punti percentuali alla sua media di lungo periodo (v. chart 4).
Anche in questo caso, però, i modelli econometrici ipotizzano che, alla fine di questo trimestre, la capacità produttiva negli Stati Uniti dovrebbe tornare all'80,0%. Nel lungo termine, invece, secondo i modelli econometrici più in uso, l'utilizzo della capacità produttiva degli Stati Uniti dovrebbe contrarsi al 79,50% nel 2023 e al 78,40% nel 2024 (v. chart 5).
C’è dunque un unico minimo denominatore che accomuna tutte le analisi macro che stiamo conducendo da settimane in questa rubrica: un rallentamento della locomotiva americana nell’ultima parte dell’anno che si estenderà fino a tutto il 2023 e, probabilmente, a buona parte del 2024. Che tutto ciò sfoci o meno in una recessione allo stato appare solo ipotizzabile ma non ancora certo.
La seduta azionaria americana di ieri confermerebbe le aspettative di una ripresa delle quotazioni dello US500 dopo il minimo di mercato in area 3490 conseguito nel corso della settimana passata (v.chart 6).
Tuttavia il prezzo ha sì vinto la resistenza della trend line viola e del livello di 3722 da noi più volte evidenziato ma non è riuscito a toccare il successivo target a 3775: lo ha solo sfiorato portandosi a 3765. Non ne facciamo una questione di precisione di analisi ma di forza del lato lungo del mercato. Le candele peraltro hanno disegnato una nuova trend line supportiva di breve periodo (quella verde) che dovremo monitorare per accompagnare eventuali ulteriori discese del mercato. In perdita del supporto di 3639 il trend ribassista riprenderà vigore (target: 3592, 3525 e poi 3493).
I longhisti dovranno mettersi in pausa almeno fino al ritorno dell’indice sopra la ma200 H4; una chiusura di candela sopra i 3814 potrebbe rendere verosimile un recupero di 60-80 punti.
In estrema sintesi il mercato resta preda di una volatilità eccezionale, con il Vix rimasto sorprendentemente sopra i 30 punti nonostante il rialzo consistente. Il fenomeno in realtà si protrae da tempo: dopo ieri sera, sono ben 14 le sedute che hanno visto il Vix spingersi oltre l’asticella dei 30 punti nelle ultime due settimane. Da quando esiste l’indice di volatilità calcolato dalla borsa di Chicago, una sequenza di otto sedute consecutive sopra i 30 punti è stata registrata altre 12 volte. Ebbene tre giorni dopo lo S&P500 è sceso nel 75% dei casi, conseguendo un saldo medio del -4.6/-4.4% negli episodi sfavorevoli e del +1.8/+1.4% in quelli favorevoli. Ancora una volta ritornano d’attualità le annate 2008 e 2001/2 che totalizzano la maggior parte degli episodi di volatilità attestatasi su livelli persistentemente elevati nell’arco di tre settimane.
All the best
dott. Massimo Moschella
Professional Trader & Teacher at Cpe Trader
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