L'INFLAZIONE ANNUALE CINESE SEMBRA PRONTA A FAVORIRE UNA RIPRESA DELL'EQUITY.
A ottobre l'inflazione annuale cinese (IPC) è scesa al 2,1% a/a dal 2,8% del mese precedente, rispetto al 2,4% previsto dal mercato. Si tratta del dato più basso da maggio, dovuto a un rallentamento dei costi sia alimentari che non. I dati ufficiali hanno mostrato che l'inflazione alimentare è scesa al 7,0% dal picco di settembre, nonostante un'ulteriore accelerazione dei prezzi della carne suina. Inoltre, l'inflazione non alimentare è rallentata all'1,1% rispetto all'1,5% di settembre, tra aumenti più contenuti dei prezzi dei trasporti, delle comunicazioni (3,1% vs. 4,5%) e della sanità (0,5% vs. 0,7%); e un calo del costo degli alloggi (-0,2% vs. 0,3%), con un'inflazione invariata sia per l'abbigliamento (allo 0,5%) che per l'istruzione e la cultura (all'1,2%). La Cina ha fissato un obiettivo di CPI intorno al 3% per il 2022, lo stesso del 2021. I prezzi al consumo core, escludendo i prezzi volatili di cibo ed energia, sono aumentati dello 0,6%, lo stesso ritmo di settembre (v. grafico 1).
Le aspettative degli analisti, tuttavia, propendono per una lieve ripresa tendenziale del dato che dovrebbe attestarsi al 2,60% entro la fine di questo trimestre. Nel lungo termine il tasso d'inflazione cinese dovrebbe normalizzarsi intorno al 2% nel 2023 (v. grafico 2).
I prezzi alla produzione cinesi (IPP) si sono contratti dell'1,3% a/a, rispetto alle previsioni di un calo dell'1,5% e dopo un aumento dello 0,9% a settembre (v chart 3).
Si è trattato del primo calo dei prezzi alla produzione dal dicembre 2020, a causa della debolezza della domanda interna e delle interruzioni della produzione dovute alle rigide limitazioni del COVID, nonché al calo dei prezzi delle materie prime. I prezzi dei materiali di produzione sono diminuiti del 2,5% dopo essere aumentati dello 0,6% a settembre, tra un calo del costo delle estrazioni (-6,7% vs 3,5%) e un calo più rapido dei costi di lavorazione (-3,5% vs -1,9%), oltre a un forte rallentamento del costo delle materie prime (1,2% vs 5,8%). Nel frattempo, l'inflazione dei beni di consumo è aumentata ulteriormente (2,2% vs 1,8%), in particolare i generi alimentari (4,6% vs 4,1%), i beni di uso quotidiano (1,6% vs 1,6%) e l'abbigliamento (2,5% vs 2,3%). Inoltre, il costo dei beni durevoli ha guadagnato lo 0,2% dopo il calo dei due mesi precedenti. Su base mensile, i prezzi alla produzione sono cresciuti dello 0,2%, aumentando per la prima volta in quattro mesi. Considerando i primi dieci mesi dell'anno, i prezzi alla produzione cinesi sono aumentati del 5,2%.
Un'occhiata all'Hang Seng ci appare d'obbligo soprattutto alla luce della considerazione che la liquidazione su questo listino è apparsa piuttosto brutale.
Dai massimi assoluti il calo si misura nel 56%. Un drawdown drammatico, sperimentato soltanto in pochissime occasioni negli ultimi 35 anni. Storicamente bear market di simile entità hanno innescato, di lì a breve, una ripartenza quasi sempre definitiva. Il RAY calcolato su detto indice è sceso quasi a -5 punti. E' vero, non è abbastanza in valore assoluto; ma in casi simili (2003 ad esempio) è stato sufficiente a favorire la formazione di un minimo importante (v. chart 4).
Il chart 5 (tf mensile) ci consente di apprezzare che, in ottica di lungo periodo, l'indice ha necessità di recuperare i 23740 punti (dunque al di sopra della ma200) per invertire completamente il trend da ribassista a rialzista.
Naturalmente i trader non dovranno attendere tanto per sfruttare, in un'ottica didattica, la possibilità di longare l'indice. Sul tf weekly è identificabile infatti una interessante finestra compresa tra i 18440 e i 20910 (coincidente col passaggio della ma50). Primi target intermedi potrebbero essere 19510 e 20325 (v. chart 6).
Attenzione al supportone ubicato a 14650 che rimetterebbe tutto in discussione.
All the best
dott. Massimo Moschella
Professional Trader & Teacher at Cpe Trader
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