VIEW DI FINE ANNO E MODELLI PREVISIONALI.
Risalgono ulteriormente le quotazioni del mercato azionario americano,
per buona parte sospinti dai tecnologici.
Basti pensare che, dei circa 300 punti base di recupero da parte dello S&P500 nelle ultime sedute, un terzo (100pb, per la precisione) sono riconducibili all’andamento di sole cinque società: Apple, Alphabet, Amazon, Microsoft e Tesla. Dunque torna a brillare un settore che rappresenta quasi 11 trilioni dei 40 di capitalizzazione complessiva della borsa americana.
Gli investitori in ogni caso festeggiano il raggiungimento di un nuovo massimo storico per l’indice S&P500, il 58esimo, e ringraziano.
A tre sedute alla fine del mese,l'indice Usa vanta una performance provvisoria del +5.50%, che trasforma ottobre nel miglior mese del 2021. Quando si
arriva a tre giorni da novembre con un saldo simile, è lecito anche attendersi un consolidamento nelle sedute successive.
Nulla che debba destare preoccupazione. Nonostante l'incertezza degli ultimi giorni, l’ampiezza di mercato del NYSE ha conseguito un nuovo massimo
assoluto. E questo è sempre garanzia di ulteriori progressi nelle settimane successive: statisticamente parlando l’indice azionario americano ha migliorato le sue performarces nell’88% dei casi nei due mesi successivi, conseguendo un risulatato medio del +4%. Che, nel nostro caso, ci porterebbe a ridosso dei 4750 punti: il top che, a questo punto, ci attendiamo per la fine dell'anno.
D'altronde resta teoria molto affidabile che l’anno finisca come inizia, come ci ricorda il setup del ToY (Turn of Year): quando si consegue una performance positiva nell’arco temporale che va dal 19 novembre al 19 gennaio - e quest’anno la finestra in questione ci ha consegnato una performance del +6% - i successivi dodici mesi sono sempre prolifici, soprattutto nell’ultimo trimestre dell’anno.
La scommessa su cui poggiava il nostro ottimismo, sfoderato a più riprese nelle trasmissioni settimanali di Volumetrica Tv e nei nostri reports, era ben nota: il rialzo messo a segno in sette dei primi nove mesi di quest’anno, si basava sulla condizione che gli utili aziendali avrebbero continuato a performare positivamente.
La condizione è stata rispettata. Anche questo trimestre la stagione degli utili è partita con il piede giusto. L’85% delle società che per adesso hanno riportato, ha battuto le previsioni di profitto elaborate dagli addetti ai lavori. La proiezione corrente vede gli utili operativi espandersi del 32% rispetto allo stesso quarto di un anno fa: 50 usd, rispetto ai 37 usd del Q3 2020. Il che porterebbe il monte utili a quasi 185 usd e a 200 usd per l’intero 2021. Vale a dire, ad un multiplo di 23 volte sulla base delle ultime quotazioni dello S&P500. Un rapporto P/E certamente non a sconto; ma alla fine dello scorso anno lo stesso si attestava a 31 volte.
Che le cose dovessero andare in questa direzione ci era stato da ultimo confermato anche dall'osservazione del VALUE LINE ARTHMETIC INDEX (v. chart 1), che misura la perfomance media di tutte le azioni americane; l'indice ha infatti da poco rotto la trend line resistenziale di un triangolo in formazione che lo ingabbiava da mesi.
Neppure il leggero declino settembrino del Margin Debt (ultimo dato disponibile) rispetto al mese precedente ha infastidito gli operatori. Il debito contratto per l’acquisto a leva di azioni sul NYSE continua infatti a mantenere un tracciato ascendente. Il mercato storicamente va in sofferenza soltanto quando il valore si porta al di sotto della propria media mobile a 12 mesi (v. chart 2). E non versiamo in questo caso.
Ma anche la questione tassi sostanzialmente rema a favore dell'equity.
Il mercato prezza un aumento di 50 punti base entro la fine del 2022. Tale proiezione va ben oltre quella che emerge dalle elaborazioni della FED la cui media stimerebbe un aumento di soli 25 bp nei prossimi 12 mesi.
Ma per la fine del 2022, molte altre banche centrali, avranno gia’
proceduto ad aumenti anche importanti dei tassi. E’ il caso della BoE. Il governatore Bailey, dopo aver annunciato che “ they will have to act”, passa alle vie di fatto. Infatti la Boe il prossimo 4 novembre aumenterà il tasso ufficiale. Ma questa ventata rialzista pare coinvolgere anche le aspettative sulle future mosse della Banca Centrale Australiana e di quella della Nuova Zelanda.
Tutto ciò produrrà una più che probabile vendita dei bond in portafoglio dei big investors a vantaggio dell'azionario capace, come pure ha dimostrato, di staccare anch'esso delle cedole interessanti.
Un'altra delle domande più insistenti che riceviamo dai nostri spettatori è la seguente: ci si può legittimamente attendere che questo massiccio rincaro delle materie prime possa nuocere alle società quotate in borsa?
La risposta al momento è negativa.
Se confrontiamo l'andamento dello S&P con il grafico dell'LMEX, il London Metal Exchange Index, scopriamo due dati (v. chart 3):
1) il primo è evidente: rispetto al minimo degli ultimi due anni, l'LMEX è salito di oltre il 100%: una impresa epica, riuscita soltanto altre tre volte negli ultimi venticinque anni.
2) ma anche il secondo lo si scorge con facilità: in predetti tre episodi lo S&P500 ha continuato a segnare ulteriori progressi nei mesi (e spesso anni) successivi.
Certezze in finanza non ce ne sono mai, è bene ripeterlo. Ma lo storico ci lascia ben sperare anche in questo caso.
Se da un lato la crescita dei prezzi al consumo penalizza i percettori di reddito fisso, sia in termini salariali, sia in termini finanziari (l’Aggregate Bond Index ha perso l'1% negli ultimi dodici mesi, pur al lordo delle cedole incassate), dall’altro favorisce vistosamente il capitale di rischio. Il mercato azionario insomma si conferma al momento il migliore hedge contro l’inflazione.
A proposito dell'America e di materie prime si impone un'altra riflessione. I porti americani e cinesi sono saturi: non riescono ad accettare nuove navi mercantili; e anche qualora potessero operare per più di 24 ore al giorno, ci sarebbe poco personale per scaricare le merci, e pochi camion per portarle a destinazione. Il governo federale americano e la relativa banca centrale paiono i responsabili più probabili dell'impennata della curva dei redditi personali oltre la traiettoria naturale di lungo periodo. Lo si scorge chiaramente dalla dinamica dei consumi: caduti fisiologicamente durante la recessione di inizio 2020, sono letteralmente esplosi negli ultimi diciotto mesi (v. chart 4). D'altronde i circa 2.000 usd pro capite elargiti da Trump+Biden rappresentano un propellente più che sufficiente per incendiare le vendite.
Secondo questa stima, fra il volume corrente di consumi e la media
storica, sussiste un gap pari a 664 miliardi usd di controvalore in
termini di maggiore spesa. E' normale dunque che l’offerta non riesca ad adeguarsi con analoga rapidità e, a questo ritmo, occorrerebbe da uno a due anni per colmare il divario. In questo panorama l’elemento prezzo appare l’unico meccanismo in grado di produrre il necessario aggiustamento: prezzi più elevati dovrebbero deprimere la domanda e provocare un aggiustamento verso il basso.
Passiamo agli indici europei e ai modelli previsionali elaborati dai nostri fornitori di dati.
Per quanto il Ftse Mib si sia riportato stabilmente sopra i 26000, le ultime cinque sedute, sulla base della somiglianza del saldo conseguito nell’ultimo giorno, settimana, mese e trimestre rispetto al passato, paiono richiamare precedenti storici che suggeriscono come più probabile (allo stato è solo una probabilità) una involuzione nelle sedute a venire. A voler essere generosi, fino a metà novembre (v. chart 5). Ma in mancanza di idoneo pattern ribassista si manterranno inalterate le posizioni.
Discorso molto simile è possibile azzardare per il Dax (v. chart 6). Il modello basato sull'andamento medio conseguente a tutti gli episodi di segnale d'acquisto scaturito dal MACD su base settimanale ha consentito di tracciare 14 mesi fa un percorso fino ad ora abbastanza ben rispettato se si eccettuano un movimento ribassista temporaneo ad ottobre 2020, ed un exploit favorevole molto più duraturo del previsto nella parte centrale di quest'anno ora completamente rientrato.
Il modello previsionale suggerirebbe un picco all'inizio del prossimo mese, prima di qualche settimana di lateralità; che cederebbe posto al ripristino del rialzo, con un massimo sopra i 16500 punti ad aprile.
Dai quali potrebbe partire una correzione più prolungata e profonda.
Ecco, un pò per tutti gli indici sembra ricorrere questo appuntamento ineludibile ad aprile 2022. Chissà se gli amici studiosi dell'analisi clclica si aspettano anche loro un rendez vous in quel mese. Casualmente l'ADT sullo S&P500 entra in fase di fibrillazione quando si porta oltre i 65 (v. chart 7). Cosa che potrebbe verificarsi, facendo i conti della serva, proprio nella prossima primavera.
All the best
Roma, 28 ottobre 2021
dott. Massimo Moschella
Membro della Commissione Tecnico-Scientifica di Cpe Trader.